George Nelson, designer influente nel modernismo americano degli anni ’50 e già al fianco di Herman Miller per la progettazione di numerosi arredi, si ispirò a una serie di lampadari svedesi di cui apprezzava molto l’estetica moderna. “Il design svedese prevedeva un rivestimento di seta molto difficile da realizzare. Occorreva infatti ritagliare inserti di tessuto cucendoli su un telaio di metallo. Ma io ne volevo uno a tutti i costi”, scriveva Nelson nel suo libro “On Design”, pubblicato nel 1979.
Nelson riuscì a rintracciare il produttore dello spray di plastica bianca che era stato utilizzato dall’esercito americano dopo la Seconda Guerra Mondiale per proteggere gli aerei e le navi militari per impieghi futuri. Era inoltre usato come rivestimento temporaneo per la protezione di motori, macchinari e altri articoli. Nelson acquistò la plastica resinosa da R.M. Hollingshead Corporation per poi utilizzarla nella realizzazione delle sue lampade Bubble.
Nelson creò la struttura sferica servendosi di anelli traforati nei quali venivano inseriti fili di acciaio. Si trattava di una costruzione che conservava la propria forma sotto tensione, richiedeva pochissimi utensili e non prevedeva costi di saldatura. Tale struttura veniva quindi spruzzata con la vernice resinosa per dar vita a una “ragnatela” di fibre, applicando infine un ultimo strato di plastica per creare una patina liscia e traslucida.
Apprezzate dai designer di interni che lavorano su progetti commerciali, residenziali o turistici, le lampade sono solitamente appese a gruppi per generare un impatto drammatico e dettare tendenza in qualsiasi spazio, diffondendo una luce delicata e costante.